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Parto per Bordeaux

  • Immagine del redattore: Federica D'Isita
    Federica D'Isita
  • 11 feb
  • Tempo di lettura: 5 min
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Tempo presente

Domenica h. 8:00

La sveglia di lei suona.

Lui dorme ancora.

Lei si alza, si veste e lo guarda per un po’ dormire. Sa che lui non sta dormendo, conosce a memoria il suo respiro.

Dentro al petto si sente soffocare, un peso le opprime il cuore. Non può piú rimanere in quella stanza.

Alla fine si decide, prende carta e penna e scrive un biglietto. Medita su dove nasconderlo e alla fine sceglie di riporlo sotto il maglione di lana grigio di lui.

Poi raccoglie il suo zaino cercando di non svegliarlo e scende in fretta le scale dell’appartamento dirigendosi verso l’uscita.

Non si volta mai indietro.




6 giorni prima

Lunedì h. 21

Un grande entusiasmo la pervade. É allegra, euforica e non sa perché.

É uno di quei rari momenti in cui senti di dover fare qualcosa di rivoluzionario, di diverso, o almeno provarci. Lei sente che la vita é una e va vissuta fino in fondo, costi quel che costi.  Dopo qualche ripensamento alla fine prende il cellulare, compone il suo numero e decide di chiamarlo senza pensarci troppo su.

Il bip della linea accelera il suo battito cardiaco. Non si sentono da mesi.

“Ei ciao” al di lá della cornetta la voce calma di lui inonda la stanza. Subito le vengono in mente i caldi pomeriggi d’estate quando da bambini giocavano per le strade roventi della città. Entrambi vivevano in due luoghi diversi, ma si incontravano una volta all’anno nel paese natale di lui. Lei andava a trovare sua nonna e lui l’aspettava. Riuscivano a smettere di stare insieme solo quando le madri li richiamavano per l’ora di cena. A quei ricordi lei sorride ancora.

Parlano per un po’ fino a quando lei gli dice in fretta: “questo fine settimana parto per Bordeaux , se vuoi venire”.

Dall’altra parte della cornetta sente la voce di lui rimanere calma senza scomporsi, ma sa di averlo sorpreso, in fondo.

Conosce il suo respiro, lo sa a memoria.




2 giorni prima

Venerdì h. 17

Lei cammina per la cittá a lungo. È impaziente, non vede l’ora di incontrarlo. Non si vedono da anni. Si chiede se lui é cambiato e in che modo.

Lui é appena sceso dall’aereo e le scrive.

É impaziente di vederla.

Lei lo aspetta con ansia nella camera che hanno prenotato. Si lava e si veste con cura, esamina la stanza e nell’attesa decide di leggere le ultime pagine di “È stato così” di Natalia Ginzburg.

Non ha mai aspettato cosí tanto qualcuno in vita sua.

Lui arriva e si abbracciono forte. Entrambi sono felici di vedersi.

Chiacchierano del piú e del meno e decidono di uscire a cena.

L’aria é gelida da tagliare le mani. A tavola parlano a lungo di tante cose.

Lei vede che lui é cambiato, forse piú cresciuto. Sará la barba?

Lui la guarda e pensa che lei non é cambiata neanche un po’: stesso sorriso e stessa fantasia. A volte si capiscono altre volte no. Entrambi sanno sognare ma lo fanno in due modi completamente diversi: lei con le parole, lui con il computer.

Ritornano a casa e decidono di guardare un film insieme.

Qualcosa all’improvviso scatta. Una scintilla. Un bacio. Poi un altro e un altro ancora.

Lui si addormenta tranquillo. Lei é tremendamente agitata. Non trova pace ma non sa perché. Lo cerca in continuazione tra le lenzuola per abbracciarlo. Non riesce a gestire tutta questa emozione, non é capace. Dentro di lei sa che lo perderá in qualche modo e prova ad attaccarsi fisicamente a lui per scacciare quei pensieri intrusivi. Passerà la notte in bianco.

Lui al contatto continuo di lei trasale ogni volta. Non dormiva con qualcuno da anni e non é piú abituato. Quel contatto spasmodico e convulso lo stizzisce e lo sveglia continuamente. Lui inizia a pensare nel dormiveglia di aver commesso un errore.




Il giorno prima

Sabato h. 9:00

É mattina. Lei é stanca, non ha chiuso occhio. Lui sente di non aver dormito bene.

Decidono di uscire.

Alla fermata, in attesa del tram, lei gli chiede un bacio. Lui guarda gli occhi di lei, ardono di qualcosa che non riesce a decifrare. Si rabbuia. Di colpo il castello di carta salta e si spezza in frantumi.

Lui sa di aver commesso un errore. Diventa freddo e distaccato. Lei lo sente distante e non sa cosa fare.

Improvvisamente si crea una voragine tra loro.

Lei insiste e gli chiede un altro bacio (perché non me lo vuole dare? Continua a pensare ossessivamente). Lui replica lapidario un “no” secco e scocciato.

Qualcosa cambia. Uno strato sottile che ha la forma di un muro invisibile si mette in mezzo a loro.

Lei non capisce lui cos’abbia.

Lui continua a chiedersi che cosa lei si aspettava da lui.

Il giorno continua a scorrere lento in un declino che va crescendo.

Entrambi vanno a letto tristi.

Lei continua a chiedersi che cosa può aver sbagliato. Lui vorrebbe solo andarsene.

“Perché oggi non mi hai dato neanche un bacio?” Sussurra lei nel buio della notte in cerca di risposte.

“Mica puoi avere sempre quello che vuoi” si sente rispondere di rimando.

Lui si addormenta.

Lei non lo abbraccia piú. Non riesce a dormire.




Ritorno al presente

Domenica h. 8:05

Lei vuole fuggire e il piú in fretta possibile. Scende le scale di corsa.

Non vuole piú continuare a stare in quella casa. Non riesce a sopportare il peso del suo fallimento e delle sue aspettative mancate. Si sente vuota, tradita, usata.

Davanti all’uscio si accorge che la porta é serrata. Sbuffa. Non ha alternative.

Risale le scale a passo lento come quello di un condannato a morte e lo trova sveglio tra le lenzuola.

“La porta é chiusa” fa lei gelida.

Lo sapeva che non stava dormendo sul serio.

“Lo so. Ho io le chiavi” le risponde lui.

Lei evita il suo sguardo.

Pensa al bigliettino sotto al maglione e ha paura che lui lo possa scoprire mentre é con lei. Si sentirebbe una ladra colta sul fatto. Sul biglietto c’é scritto:


Grazie per il bel weekend. Tu mi piaci ma non credo che la cosa sia reciproca. Ti auguro il meglio, buona vita.


Sa che quello che ha scritto le fa male e non vorrebbe rileggerlo. Ma allo stesso tempo sa anche che é necessario. Perché le parole curano e risanano. Aiutano a perdonare e a perdonarsi. Mettersi a nudo non é mai un errore quando lo si fa con sinceritá e rispetto.

Lui afferra le chiavi, si infila lentamente le scarpe e le fa strada.

Come tutti i punti di svolta della vita non si dicono una parola. Nessuno dei due sente di dover dare spiegazioni all’altro, e va bene così.

Entrambi muti scendono le scale come in una processione funebre.

Lui sblocca la serratura con precisione. Non incrocia mai lo sguardo di lei. Se lo facesse la vedrebbe triste e con gli occhi velati di rosso.

Lui l’abbraccia.

Lei ricambia frettolosa.

“Allora fai buon viaggio. Scrivimi quando arrivi” fa lui sincero.

“Ok. Ciao” ricambia lei non troppo convinta.

Qualcosa in lei si é rotto. Non riesce a guardarlo e non riesce a sorridergli.

Lei sente che lui l’ha usata e non si dà pace.

Lui sente che lei lo ha pressato troppo e sa anche che lei pretende qualcosa che lui non é in grado di darle.

Finalmente lei esce.

Sente la porta richiudersi alle sue spalle.

Questa volta si gira per guardarlo un’ultima volta e vede oltre il vetro la sagoma appannata di lui richiudere a chiave la porta con lo scatto difettoso prima di andarsene.

Lei si volta lasciandosi tutto alle spalle.

Fa un respiro profondo.

Guarda il cielo e poi gli alberi attorno a sè prima di dirsi: “Sei viva, cretina!”.





Dedicato a M.

A volte si ha solo troppa fantasia.

 
 
 

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