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LA FOLLIA È LIBERTÀ?

  • Immagine del redattore: Federica D'Isita
    Federica D'Isita
  • 11 gen 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Quando si visita il Belvedere di Vienna si è curiosi di ammirare grandi opere come il bacio di Klimt o l’abbraccio di Schiele. Ma durante la visita ci si ritrova senza accorgersene in una sala circolare e luminosa, con una serie di busti grotteschi, strambi e diversi da tutto il resto.

Sotto un nome: “Franz Xaver Messerschmidt”. Non tutti lo conosceranno ma è innegabile che le sue opere creino fascino e inquietudine. La prima domanda che balena in testa è: cosa spinge un artista a scolpire delle smorfie? Quale segreto si nasconde dietro a tutto questo?





Franz Xaver Messerschmidt (1736-1783) è uno scultore tedesco formatosi tra Monaco di Baviera e l’Accademia delle Belle Arti di Vienna. La sua celebre carriera è segnata dal gusto neoclassico.

La sua prima importante commissione è la realizzazione di busti in bronzo per l’imperatrice Maria Teresa e suo marito Francesco I. Dopo numerosi viaggi - anche a Roma - riprende l’attività di scultore a corte dipingendo ritratti di nobili viennesi e nel 1769 ottiene la cattedra all’Accademia delle Belle Arti di Vienna. Ma questa vita così idilliaca è destinata a deteriorarsi presto. 

Il declino inizia nel 1774 quando l’incarico di professore viene revocato a causa di una “confusione mentale”. Offeso, Messerschmidt si rifugia a Bratislava dove inizia la realizzazione ossessiva di 69 busti chiamati “teste di carattere”, di cui oggi rimangono 38 esemplari. La sua arte rinasce sotto una nuova forma: non è più quella perfetta e armonica della sua giovinezza ma diventa un miscuglio di dolore, tormenti, storture esasperate, sofferenze, boccacce, ghigni e urli.


Qual è la causa di questa tormentata metamorfosi?






Messerschmidt racconta di un demone della proporzione che lo tormenta durante il suo lavoro. Questo spirito è invidioso della grande capacità dell’artista che ha saputo creare una geniale teoria della proporzione, secondo cui tutte le parti del corpo sono collegate tra di loro. Messerschmidt davanti allo specchio si pizzica parti del corpo nel tentativo di domarlo o respingerlo e sfuggire alla sua persecuzione. Le smorfie che si contraggono sul volto vengono poi riportate e scolpite su bronzo, legno e altri materiali.


L’arte si trasforma così in un mondo parallelo che diventa contemporaneamente arte e cura dell’anima. 




 

Il tratto più affascinante di Messerschmidt è la repressione della sua libertà isterica. Questi busti rappresentano lo sforzo di Franz nel tentativo di domare sé stesso, i suoi tormenti, i dolori nascosti e segreti. Come se questi volti volessero urlare qualcosa di profondo, reale, ma non avessero la voce per farlo. 


Aristotele scrive: “Il mondo in cui viviamo è malato, non siamo noi ad essere malati. Abbiamo un'infermità molto grave che si chiama mancanza di libertà.”

Allora il demone della proporzione è davvero la malattia di Messerschmidt o è l’ossessione della società neoclassica di quel tempo? 




 
 
 

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