Transgender si nasce o si diventa? Nico e la sua storia
- Federica D'Isita
- 31 mag 2020
- Tempo di lettura: 7 min

Quando si parla della parola diversità o anche di genere non si è mai tutti d’accordo. Ognuno ha posizioni troppo diverse da quelle degli altri: alcune idee vengono condivise, altre invece si scontrano con violenza. Oggi ho deciso di affrontare un tema molto delicato come quello dei transgender. Lo scopo di questa intervista è dare voce a chi non sempre ce l’ha, a conoscere qualcosa che neppure io so fino in fondo. Vorrei solo parlare di una storia che non si sente tutti i giorni, senza però esprimere la mia opinione sull’argomento. Dopotutto ognuno è libero di scegliere.
Ho deciso così di intervistare Nico, un ragazzo di 20 anni che frequenta una scuola di arte ad Urbino ed è un transgender.
1. Chi è un transgender? Quando hai capito di esserlo?
Io sono un TRANSgender, sono cioè nato in un corpo biologicamente femminile ma non mi riconosco in questo corpo. Invece essere una persona CISgender significa essere una persona che si riconosce nel sesso in cui è nata (es. sono nata in un corpo femminile e mi riconosco in questo corpo). Esistono anche altre definizioni, per esempio Agender è chi non si riconosce in nessun genere. BIgender cioè ti riconosci in entrambi i generi, maschile e femminile. Non sapendo tutte queste cose che so adesso ti direi che ho iniziato a sentire che appartenevo ad un altro corpo in cui non mi rivedevo all’età di 10 anni in cui feci il mio primo coming out ai miei genitori. Gli dissi che mi sentivo un ragazzo ma loro non la presero molto bene, così non ho potuto subito intraprendere il percorso che sto facendo adesso e per anni ho cercato di convincermi che non era vero fino a quando non era più possibile negare l’evidenza.
2. Quanto è importante per te accettare il proprio corpo? Quando hai capito che il tuo corpo non ti piaceva?
Avendo capito queste cose da piccolo non è stata immediata la consapevolezza del mio corpo. A 11 anni non avevo ancora sviluppato caratteristiche femminili come il seno e quindi non ho provato subito disforia nei confronti del mio corpo. Disforia sono tutte quelle sensazioni di disagio che nascono quando ti trovi in un corpo che non senti tuo. Quindi la disforia è venuta con il tempo in particolare la pubertà. In maniera molto naturale io mi sono sempre sentito un ragazzo. Per me è importante al 100% accettare il proprio corpo. Nonostante io provi ancora disagio il percorso che sto facendo ha lo scopo di portarmi alla massima accettazione di me e del mio corpo. Penso che il percorso di transizione sia per molti un percorso di accettazione di sé.
3. A livello sessuale ti senti diverso rispetto agli altri?
La mia situazione è un po’ particolare. Se parliamo di orientamento sessuale penso di non avere una preferenza rispetto ai genitali o a una identità di genere. Ho sempre frequentato ragazze, mi piacciono, ma non escludo che un giorno mi possano piacere ragazzi o persone che si identificano nel genere maschile. Mentre invece a livello di sessualità nel senso concreto, io mi considero un ragazzo nato biologicamente in un corpo femminile.
4. Che cos’è per te il sesso biologico e il sesso culturale?
Beh sesso biologico, attenendomi alla parola così com’è, sono i nostri genitali che definiscono il nostro sesso. Sesso culturale invece, che sarebbe meglio chiamare genere, per me è tutto il contesto culturale in cui cresci. Noi per esempio siamo in una società di stampo occidentale che riconosce solo alcuni tipi di generi. Se nasci in un corpo maschile, all’anagrafe viene scritto sul tuo documento che sei un maschio e per tutta la vita crescerai nella pelle di un ragazzo, con tutte le inclinazioni e stereotipi attribuiti al genere maschile. Secondo me crescendo capisci che è una cosa prettamente culturale e che certe cose non sono così legata ai tuoi organi genitali come la società ti fa pensare.
5. Per te il genere può essere suddiviso obbligatoriamente in maschio o femmina? Secondo te maschi si nasce o si diventa?
Per me il genere non è una concezione binaria che include solo il genere maschile o femminile. Dalle prime rivoluzioni LGBT negli anni 60 si sta iniziando a sradicare questa concezione binaria cercando di creare tante altre terminologie che possano descrivere al meglio tutti quei generi che non appartengano semplicemente alla suddivisione maschio e femmina. Sono tutte declinazioni con gender alla fine. Secondo me maschi si diventa perché il genere essendo tutto culturale si sviluppa mentre cresci e secondo il modello della società a cui appartieni e la cultura in cui sei immerso. È la società che determina chi sei.
6. Qual è la differenza tra transgender e omosessuali? Uno esclude l’altro o si può essere entrambe le cose?
Tutti abbiamo un termine che può descrivere il nostro genere, ognuno ha la sua definizione. Mentre l’omosessualità si ricollega all’aspetto dell’orientamento sessuale. L’omosessualità è legata al genere delle persone che ti piacciono. Anche le persone transgender possono essere omosessuali perché l’omosessualità è una questione slegata dal genere in cui ti riconosci.
7. Si parla di omofobia sia per i transgender che per gli omosessuali? Secondo te chi sono queste persone e perché fanno fatica ad accettare omosessuali e transgender?
Allora OMOFOBIA è legata all’orientamento sessuale mentre TRANSfobia è legata a questioni di genere nelle persone transessuali. Si possono definire TRANSFOBICHE tutte le persone che hanno delle opinioni negative sulle persone transgender. Di tipi di transfobia ce ne sono diversi:
ci sono persone che hanno opinioni negative sul mio percorso perché sono ignoranti nel senso che ignorano, non conoscono il percorso che noi persone transessuali facciamo, esprimendo così dei commenti discriminanti. Secondo me è proprio un fatto di non riconoscere i diritti delle persone transgender. Però c’è anche da dire che questa categoria di persone spesso cambia idea e dopo aver conosciuto una persona transgender abbatte i propri pregiudizi capendo che è una persona come un’altra.
Mentre ci sono altri tipi di persone con pensieri più radicati e poco disponibili a cambiare la propria opinione. Non riescono a mettersi nei panni di quella persona. Comunque, sia che si tratti di omofobia che di transfobia che di qualsiasi altra discriminazione ,religiosa o razziale, si tratta di pensieri radicati in persone senza empatia che non riconoscono l’altra persona umana come tante altre. Ciò accade perchè di base nasciamo in un contesto sociale e culturale che non prevede l’esistenza di questa cosa. Ne è la prova il fatto che molte persone non sanno neppure che cosa significhi il termine transgender. C’è una immagine sbagliata data anche dai media che non corrisponde alla realtà. C’è molta ignoranza diffusa, non legata alla cattiveria ma solo alla male informazione.
8. Quanto ostacola essere transgender nella società di oggi? E nell’ambito lavorativo?
Eh purtroppo parecchio. Fino a quando le persone transgender non hanno i documenti rettificati come i documenti di identità in cui viene cambiato il tuo nome anagrafico e inserito il tuo nome scelto e in cui viene cambiato il sesso anagrafico e inserito il sesso scelto la situazione è difficile. Finchè tutto questo non avviene quando ti presenti ad una persona che ha bisogno dei tuoi documenti per identificarti devi fare un coming out forzato. Quindi se per esempio sei ad un colloquio di lavoro e devi firmare un contratto in cui devi dare i tuoi documenti ogni volta dovrai spiegare che sei un ragazzo transgender che sta facendo un tipo di percorso etc.. etc.. e ovviamente tutto dipende dalla persona che ti trovi davanti. Purtroppo le persone transgender non sono ancora riconosciute dalla società e quindi ogni volta oltre a fare un coming out forzato devi fare anche l’ennesimo sforzo per far capire alla persona che hai davanti che sei una persona come tutte le altre che non ha nulla di diverso. Perché molto spesso l’essere transessuali viene associato alla perversione sessuale, alla devianza e ciò porta le persone a farsi una idea sbagliata. Non è ancora un termine normalizzato dalla società e dai media.
9. Cosa spaventa di più di questo percorso che stai affrontando?
Quando ho iniziato a prendere gli ormoni ero felicissimo ma allo stesso tempo spaventato perché è una cosa nuova che non conosci, non sai bene come reagirà il tuo corpo. Hai paura che con te non funzioni, che non cambi nulla e resti tutto come prima. Sono sentimenti molto diffusi. Io sono al sesto mese ma è un percorso che dura tutta la vita.
10. È stato difficile chiamarti con i pronomi maschili? Hai sempre pensato nella tua mente al maschile?
Io inizialmente non mi chiamavo al maschile quindi il cambiamento non è stato immediato. Lo sforzo che ho fatto per abituarmici non è stato sofferto. Anzi, al contrario, ogni volta mi sentivo meglio con me stesso e sempre più libero. È una questione di abitudine come per tutti. Sono stato abituato a chiamarmi al femminile per tanto tempo e quindi iniziare di punto in bianco a farlo al maschile è una cosa che non viene sempre naturale ma quando lo diventa ti toglie un grandissimo peso di dosso. Ora non mi ci vedrei più al femminile. Quando guardo per esempio video vecchi non mi sento più neanche io.
11. Ora come stai? Sei felice di questa scelta?
Parecchio. Mi ha rimesso in pace con il mondo sentire la possibilità di fare questo percorso. Soprattutto il momento in cui sono stato decisamente meglio, anche nel rapporto con gli altri, è da quando ho iniziato la terapia ormonale e si sono mostrati i cambiamenti più evidenti come abbassamento di voce e crescita della massa muscolare. Mi sento più sereno e felice.
Dopo la mia intervista con Nico ho subito pensato ad una parola: diversità. Il dizionario mi consiglia una definizione: “ condizione di chi è considerato da altri, o considera se stesso, estraneo rispetto a una presunta normalità di razza, propensioni sessuali, comportamenti sociali, scelte di vita.”
Definizione impeccabile e davvero soddisfacente, ma che cosa significa sul serio? Chi siamo noi per giudicare chi è diverso da chi non lo è? Può una persona considerata “diversa” ritornare a ciò che noi chiamiamo "normalità"? Ma poi che cos’è la normalità? Quanto influisce la società sul nostro pensiero?
Ad ognuno la sua risposta, io la mia l’ho capita!
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