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MADRE NATURA O MADRE SVENTURA?

  • Immagine del redattore: Federica D'Isita
    Federica D'Isita
  • 10 giu 2020
  • Tempo di lettura: 5 min


Quando ho deciso di buttarmi a capofitto in un cammino con tanto di campeggio non avevo una idea di tutto quello che mi sarebbe servito né tanto meno avevo pensato a tutti i chilometri che avrei dovuto percorrere, all’itinerario che dovevo seguire, allo zaino da alleggerire il più possibile. Ad ogni modo ero certa di una cosa: volevo farlo ad ogni costo. Realizzai tutto d’un botto la sera prima di partire. Nella notte che precede un viaggio non riesco mai a prendere sonno: sarà l’entusiasmo, la novità oppure qualcos’altro. Insomma quella notte ero piena di pensieri e aspettative. La domanda più frequente che mi ponevo era:

Che cosa posso aspettarmi da una esperienza nel genere?

La vera risposta è NULLA. Non bisogna aspettarsi nulla perchè tutto quello che avevi previsto nel 99% dei casi non accadrà e tutti i pensieri che ti eri fatto durante la notte vengono distrutti in mille pezzi come un vaso in terracotta caduto sul pavimento. Quindi tanto vale rassegnarsi al fatto che davanti a noi si apre l’IGNOTO. Quella cosa spaventosa ma allo stesso tempo allettante che ti terrorizza ma contemporaneamente ti persuade. Ecco, io la sera prima di partire ero invasa dall’ignoto e da mille dubbi, paure, ansie. Continuavo a ripetere “sono solo pochi giorni fede, manco stessi via un anno!”. Tuttavia sentivo che qualcosa dentro di me sarebbe cambiato. E poi che cosa poteva succedere di tanto grave? Alla peggio avrei preso una corriera e sarei corsa via verso casa. Quando non conosci ciò che una avventura ti riserva ti senti sempre un po’ sprovveduto, come se avessi davanti un mobile dell’ikea senza avere la più pallida idea di come costruirlo e le istruzioni sono magicamente scomparse. Ecco, io la sera prima di partire mi sentivo di dover montare un mobile ikea.

Primo giorno

Il giorno successivo le paure hanno lasciato posto all’euforia e all’adrenalina. Alla vista della prima salita mi stavo già pentendo di tutto, del tipo “ma perché ho deciso di venire qui… io che dopo 5 minuti di corsa mi sento mancare l’aria neanche avessi 90 anni “ . Ma si sa, quando uno in una sfida ci è dentro fino al collo non può ritirarsi all’ultimo, ne vale del proprio onore. È come se John Sena prima di salire sul ring avesse detto alla folla che lo acclamava “ Raga oggi non combatto, l’avversario è troppo forte per me”. Così di fronte a quella salita ripidissima che neanche il Katun di Mirabilandia mi sono detta “reagisci, non deludere te stessa”. Vi assicuro che non c’è nulla di più appagante nell’iniziare a credere nelle proprie capacità. A volte pensiamo di poter distruggere il mondo, a volte ci sentiamo così deboli che è lui a distruggere noi. Ma la costante è sempre la stessa: REAGIRE. In ogni caso siamo costretti a reagire perché non possiamo più tornare indietro ma solo proseguire in avanti.

Una strana consapevolezza…

Man mano che camminavo in mezzo ai boschi sentivo che la natura stava cercando di dirmi qualcosa. Non per forza a me, Federica D’Isita, un puntino in mezzo al nulla. La natura parlava e basta, in un lingua che non conoscevo, ma di cui avrei tanto voluto sapere l’alfabeto. Perché dentro di me sentivo che le sue parole avevano un senso anche se non le capivo. Tutto intorno a me aveva un equilibrio e una armonia perfetta. La fauna volante ad un certo punto non mi seccava più, i rumori assordanti degli uccellini sembravano attenuarsi e tutte le ragnatele che mi andavano in faccia… beh… quelle continuano ancora adesso a darmi fastidio. Ogni cosa doveva essere esattamente lì perché QUELLO ERA IL SUO POSTO. Sarebbe stato assurdo il contrario, come se in una gelateria trovassimo al posto del gelato delle chiavi inglesi. Per la prima volta mi sono sentita io l’intrusa in un mondo tanto affascinante di cui non facevo parte; e per giunta ero anche l’ospite indesiderato. Avevo davanti a me un mondo con sfumature e dettagli strani che io non avevo mai saputo cogliere. Era come se avessi avuto di fronte la natura con tutta la sua gang. L’estranea ero io che non ero in grado di vedere tutta quella IMMENSITA' in una FINITEZZA così semplice. Io, essere umano, che fino a quel momento mi sentivo non tanto invincibile quanto autonomo, mi resi conto delle LEGGI che facevano parte di questo pianeta e da cui non potevo prescindere. Tutta questa marea di rivelazioni mi si aprirono lentamente e poi tutte di un colpo, in particolare quando ero sopra la cima di un monte. Tutte le volte che a scuola mi chiedevano di disegnare una montagna io facevo sempre una estremità appuntita, vuota, geometrica. Ma solo l’esperienza ti può insegnare che sulla cima di una piccola montagna ci sono tanti alberi: alcuni un po’ incurvati dal vento, altri caduti, altri dritti come i soldati. Sulla cima di quel monte camminavo spinta dal vento che mi colpiva prepotentemente la faccia e contemporaneamente le foglie di tutti gli alberi tanto da creare un rumore profondo simile ad un eco. Gli arbusti sembravano tutti insieme un unico e grande coro pronto a stupire il pubblico tanto è la sua potenza e forza. Mi sono sentita così piccola e impotente di fronte ad una montagna tenace, imbattibile, quasi superba.

Una nuova Federica

La foresta se la guardi bene a volte può sembrare spettrale: tronchi che si susseguono senza fine, alcuni sradicati altri in bilico sopra la tua testa. La foresta è però fatta di OPPOSTI. È tetra sì ma è anche rigogliosa, con le foglie verde brillanti e le radici sporgenti. La foresta è un insieme di cariche positive o negative che non si respingono ma si miscelano perfettamente senza mai sovrapporsi o prevaricarsi. Più proseguivo il cammino più dentro di me pensavo che tutta quella fatica sarebbe valsa qualcosa perché stavo imparando a conoscere, ad ascoltare, a sfidare quelle stupide ansie che a volte ti travolgono lasciandoti il respiro corto. Non era una scalata verso il successo o verso chissà quale conquista. Era un cammino VERSO ME STESSA. Una nuova Federica che desidera ascoltare le piccole cose per capire quelle più grandi che vi sono nascoste. Una nuova Federica che impara a trovare la FELICITA’ NELLA FATICA. Ma non una fatica che ti deprime o ti abbatte ma è il motore che ti spinge ad osare, rischiare, a non fermarti mai ma a continuare le orme dietro di te che ti svelano sempre qualcosa di nuovo quando svolti la curva di uno stretto sentiero.

In una sola parola tutto questo

Se dovessi descrivere questa esperienza in una sola parola sceglierei: RISCHIO. Nessuno ha mai detto che percorrere tanti chilometri in un giorno sia semplice, nessuno ha mai detto che a volte questo cammino può metterti alla prova, a volte anche scoraggiarti. Ma una cosa è certa: ne vale sempre la pena. Quando sei arrivato alla cima più alta i pensieri negativi scompaiono. Non pensi più al sole che ti batte in faccia, né alla fronte madida di sudore, né ai cani che poco prima hanno cercato di farti a brandelli, né a tutte le scivolate o cadute. Perché quando sei lì, non sei più SOLO E UNICAMENTE TU, ma sei diventato in un colpo solo TUTTO L’UNIVERSO. Sei aria che muove il grano, sei le erbacce che ti pizzicano, sei un'ape che ronza rumorosa, sei un fiore di campagna tanto grazioso. Sei tutti i microscopici elementi di cui non ti è mai importato nulla ma che ora fanno parte irrimediabilmente di te. Sei tutte le cose non dette ma solamente viste distrattamente. Sei ogni rumore che ti ha fatto spaventare e ogni goccia di rugiada che si deposita la mattina sulle foglie. Sei voglia di vivere, gioia, tristezza, gratitudine. Ma soprattutto sei RICERCA. Una ricerca verso qualcosa di indefinito che non ha parole ma solo suoni, odori e sguardi. È qualcosa che appartiene al tuo cuore ma che non sai da dove proviene nè perché esiste. Sai solo che ti fa stare bene e non ti sazia mai. E ora dimmi se rischiare non porta davvero alla FELICITA’.



Federica D'Isita








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