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A piedi per il mondo

  • Immagine del redattore: Federica D'Isita
    Federica D'Isita
  • 9 apr 2020
  • Tempo di lettura: 7 min





Antonio, 24 anni, è un ragazzo come tanti di noi. Eppure lui è riuscito a rendere l’ordinario straordinario in una continua avventura. Per chi non lo conoscesse è partito da San Pietroburgo e ha viaggiato fino a Bali con 3 semplici regole: -non volare -non tagliarsi barba e baffi - e con un badget di circa 18euro al giorno. Ha visitato paesi come Vietnam, Cambogia, Laos, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia e oggi è ritornato a casa dopo molte peripezie, felice di raccontare la sua esperienza. Da sempre consideriamo “straniero” chi viene da un posto lontano o ha abitudini diverse dal nostro paese. Tutto questo deriva da una paura innata e inspiegabile che abbiamo nei confronti del diverso, di ciò che non conosciamo a fondo e che quindi non siamo in grado di prevedere o controllare. Con questa intervista Antonio ci insegna che mettersi in gioco ne vale sempre la pena e che a volte essere un estraneo ti fa conoscere tante cose, più di quelle che capiresti nella tua comfort zone dove ti senti sempre al sicuro. Ma più di tutto ci insegna che gli unici confini e limiti che esistono sono presenti solo nella nostra testa.



Ecco la nostra intervista:

Da che cosa è nato questo desiderio di viaggiare? Com’ è nata l’idea di questo viaggio in particolare? La voglia di viaggiare in generale è venuta con il viaggio stesso. E’ una cosa che si alimenta man mano che viaggi. La curiosità una volta perseguita aumenta la semplice curiosità iniziale. Riguardo questo viaggio è da un po’ che ci pensavo. L’Asia da sempre mi ha affascinato, ho pensato molto a come farlo, quando e in che modalità. La pianificazione c’è stata, non mi sono buttato da un giorno all’altro.

Eri in contatto con la tua famiglia mentre viaggiavi? Qual è stata la loro reazione quando hai detto loro del tuo progetto? Ero in contatto con loro, ho cercato di tranquillizzarli il più possibile con tutto quella che era in mio potere per farlo, comunque ero in un posto nuovo. Gli dicevo l’ostello in cui stavo, il piano indicativo di quello che avevo intenzione di fare etc... All’ inizio la reazione è stata di preoccupazione “perché?”. Ma è stata una fase che è durata poco. Quando hanno capito cosa avrei fatto, quanto ci tenevo, che cosa voleva dire per me, hanno accettato questa cosa. Chi ti conosce ti capisce.



Durante questo viaggio hai incontrato un sacco di persone. Che cosa hai scoperto nelle altre persone che ti ha sorpreso? Comunque eri uno straniero per loro con una cultura e abitudini diverse. Una sorpresa interessante è stata quella di vedere che nonostante latitudini e longitudini, religioni, lingue e culture diverse, sono presenti nell’ uomo caratteristiche universali che non dipendono dai confini geografici. Per esempio: fratellanze, generosità, altruismo disinteressato, piccole caratteristiche positive che fanno parte dell’uomo a prescindere dal proprio background culturale. Non sono caratteristiche proprie di un popolo. La bella scoperta è stato riconoscere queste caratteristiche generali all’ umanità.



Secondo te quali sono i valore che differenziano i popoli che hai incontrato dall’ Italia? Che cosa può imparare l’Italia da questi posti? Bella domanda. Per come la vedo io in Italia c’è una mancata valorizzazione di ciò che corrisponde al nostro patrimonio artistico e culturale. Ci sono molti paesi che hanno molto meno di noi, a livello numerico non meno a livello culturale ci mancherebbe, e lo riescono a valorizzare molto. Magari quella è una cosa su cui bisogna lavorare.



Quanto è stato importante per te il dialogo interiore? Comunque la maggior parte del tempo sei stato da solo, quindi quanto ti ha aiutato in questo cammino? Per me il viaggio è proprio dimensione interiore, quindi per quanto apprezzi la compagnia tendo molto a stare per i fatti miei. Assolutamente il dialogo interiore è fondamentale. Che tu lo voglia o meno quando fai questo tipo di esperienze hai a prescindere un dialogo interiore bello intenso. Non sempre è piacevole, fare “le chiacchiere” con se stessi. Però è sicuramente fondamentale, perché ti porta a capire tante cose, a porti tante domande che in una situazione normale tenderesti a non farti. Le scuse ora come ora sono tante nella vita di tutti i giorni per non interrogarsi sulle cose, per non ascoltarsi a pieno. Questa dimensione nel viaggio è fondamentale per poter proseguire perché se non si riesce a dialogare con se stessi ogni giorno diventa una fatica titanica.


Durante questo viaggio come hai comunicato? Quanto è indispensabile sapere una lingua per comunicare? Comunque ti sei confrontato con alfabeti diversi, lingue diverse dalla nostra, come facevi a farti capire? Conoscevi già qualcosa della loro lingua? Diciamo che in Asia il livello di inglese è buono; è chiaro che nel villaggio sperduto la gente non lo parla. Però indicativamente con l'inglese riesci a comunicare. Anche perché imparare la lingua del posto è molto complicato. Comunque ho imparato nozioni basilari come: “grazie” “prego” “ciao”. Sono "paroline" che ti aiutano perché, se le pronunci, la gente è più propensa a trattarti bene; non per forza come uno del posto, ma a riconoscere il tuo impegno nell’ entrare nella loro cultura. Quindi la "parolina" nella lingua del posto è un buon mezzo per abbattere le distanze. Serve molto l’inglese, non bisogna essere per forza madrelingua però ti aiuta veramente tanto.

Come descriveresti il tuo viaggio in 3 parole? Lo so che i mesi sono stati tanti però come riassumeresti tutto? Bisognerebbe pensarci bene… -CAMBIAMENTO -FIDUCIA: soprattutto negli altri. Molti sono state le occasioni in cui i rischi potevano essere tanti ma in realtà poi è sempre andata bene -CURIOSITA’: quando ti imbatti in nuove culture, per esempio. Quella voglia di conoscere chi abita in quel paese, le usanze e il cibo.

Quali sono le 3 qualità che uno deve possedere per poter viaggiare? Quelle che ti aiutino a percorrere un viaggio così lungo. -CURIOSITA’ : la base dello spirito di un viaggiatore -FLESSIBILITA’: soprattutto per quel che riguarda arrangiarsi -APERTURA, cioè essere socievoli nei confronti degli altri perché viaggiare è proprio un contatto dietro l’altro e bisogna essere preparati a dialogare con gli altri.

Qual è stata una grande paura che si è presentata spesso dentro di te e che hai dovuto combattere, affrontare, conviverci? Ho avuto sempre la paura del non conosciuto . Per esempio pensavo “Come sarà la gente?” oppure quando scopri luoghi in cui sai che sono successe cose spiacevoli ti viene da fantasticare. E’ proprio la paura dello sconosciuto che ti destabilizza, che ti fa rapportare con sfiducia nei confronti degli altri, ti fa sentire troppo guardingo. Fino ad un certo punto va bene, ma se troppa diventa una paura solo irrazionale.

Un consiglio che vorresti dare a chi vorrebbe viaggiare ma si sente bloccato dalla routine? È possibile unire viaggi così lunghi con una carriera universitaria o un lavoro? Io direi di iniziare per gradi. Magari partendo da pochi giorni e in realtà più vicine. Se poi uno capisce che è una cosa che gli piace e che è fondamentale per lui può aumentare il carico cioè prendersi un po’ più di tempo e spingersi un pelo più in là. Purtroppo la dimensione del tempo è particolare nel senso che con l’università si fa fatica a stare via mesi. Io al massimo quando studiavo facevo un interrail di un paio di settimane, ma è tutta un’altra cosa. Durante gli studi è difficile stare via mesi ma ciò non vuol dire che non si possa viaggiare. È una questione di priorità giustamente. Dipende se un viaggio è un modo di staccare o se è qualcosa che non ti fa dormire la notte. Sta proprio qui la differenza.

Qual è il luogo che ti è rimasto più nel cuore per tutto: cibo, persone, quello che hai visitato? Il Laos senza dubbio. Mi sono trovato molto bene anche in Malesia però il Laos è qualcosa di spettacolare sia a livello di strutture di paesi perché è ancora molto rustico e non ci sono comodità della vita moderna come nelle città lì vicine come la Thailandia. Poi la gente è davvero adorabile. È proprio il modo in cui intendono la vita. C’è un detto molto bello che riassume l’Indocina che dice: “il vietnamita pianta il riso Il cambogiano lo guarda crescere Il laotiano lo ascolta crescere” Ti fa proprio capire come i laotiani intendono la vita.


Come hai organizzato i soggiorni in ostello? Avevi già prestabilito tutto o sceglievi di giorno in giorno dove dormire? E in mongolia? Prima di spostarmi in un nuovo posto davo un occhio ai vari siti dove erano elencati i vari ostelli per farmi un’idea dei prezzi, della posizione. Poi nella maggior parte dei paesi andavo lì di persona. Nel sud- est asiatico è più economico andare di persona piuttosto che prenotare. Quindi mi facevo un’idea del prezzo e poi andavo dove mi ispirava di più. In mongolia non puoi girare in autonomia, sia per il deserto che per la mongolia centrale devi affidarti a qualcuno che conosca la zona perché non ci sono mezzi pubblici e indicazioni stradali. Lì la gente si orienta con la collina, il fiumiciattolo. Fortunatamente molti ostelli offrono dei tour a prezzi abbastanza contenuti quindi puoi dormire con i nomadi e fare esperienze.

Raccontami il ricordo più bello che sai che non ti abbandonerà mai. Ti direi la traversata in traghetto da Singapore a Giacarta. 36 ore in una nave enorme con tutte persone indonesiane. I miei compagni di stanza erano 6; sono stati molto gentili, mi hanno portato a fare un giro della nave, mi hanno accolto come se fossi uno della famiglia e questo è un ricordo che non dimenticherò mai. Forse uno dei contatti più sinceri che ho avuto durante questo viaggio.

Sono stata molto contenta di aver intervistato Antonio e concordo con lui quando dice che la curiosità è il vero motore delle cose. Noi spettatori abbiamo il privilegio di conoscere la tua storia, leggerla, farcela raccontare e vedere le tue foto straordinarie sui social. Eppure tutto ciò che ci manca è il viaggio percorso tra una destinazione o l’altra, le strette di mano, gli sguardi che hai ricevuto ma che hai saputo anche donare. Quindi l’unica cosa che ci resta da fare è vivere anche noi un’avventura mozzafiato come la tua.





Federica D'Isita

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