Le conchiglie di Mariulin
- Federica D'Isita
- 29 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 apr 2020
<Su forza bambini è ora di tornare a casa!> ripetè Franco a gran voce.
I bambini giocavano spensierati in spiaggia ma a quel dolce richiamo dovettero ubbidire lavando paletta e secchiello nell'acqua del mare. Mario aveva appena 7 anni e Anita 4 appena compiuti. Quel pomeriggio avevano visitato la spiaggia per qualche ora, giusto il tempo di un tuffo e qualche castello di sabbia.
L'orologio di Franco segnò le 18. Il sole tramontava in fretta in quella breve giornata dei primi di Settembre. Poco dopo Franco guidava nella lunga e liscia strada che li avrebbe condotti a casa mente dietro di lui, seduti sui seggiolini, c'erano i suoi bambini. Diede uno sguardo ad Anita che si era addormentata e poi a Mario che era con il viso incollato al finestrino, a guardare con attenzione ogni cosa che la piccola panda rossa superava lasciando dietro di sè. Improvvisamente Franco mise la freccia a destra e il tragitto subì una brusca deviazione.
<Papà dove stiamo andando?> fece Mario preoccupato
<Andiamo in un posto> si sentì rispondere.
Mario si ammutolì senza svegliare sua sorella, pensando a quale posto alludesse il padre.
Il tragitto continuò per molti chilometri fino ad un un paesello di campagna. La macchina ad un tratto si fermò davanti ad una casetta bianca, con gli scuroni laccati blu, separata dalla strada da un lungo steccato in legno, fatto di piante aggrovigliate che lasciavano intravedere appena che cosa ci fosse al di là del fitto fogliame. Mario si avvicinò più che potè al finestrino, provando a scorgere tra le verdi fronde. In una piccola fessura meno diradata vide un grande ed immenso giardino e in lontananza una bambina, forse della sua età o forse di qualche anno più grande, che stava seduta a giocare tra i fili d'erba. Aveva i capelli corti e neri, come lui, e due piccoli occhi che a distanza parevano marroni. Era vestita in maniera graziosa: indossava un vestitino rosa a fiori abbinato a delle ballerine brillantate che portava ai piedi (Anita le avrebbe adorate). Una piccola bambola di pezza prendeva il te insieme a lei, che era così allegra e spensierata. Mario si voltò interrogativo verso Franco domandandogli:
<Ma papà chi è quella bambina?>
Il padre non gli rispose. Continuava a fissare assorto nei suoi pensieri quella piccola creatura così solare e innocente con uno sguardo malinconico, velato da una punta di nostalgia e tristezza. Mario insistette: <Allora papà chi è?>
Franco a quella ennesima chiamata dal pianeta terra sembrò quasi risvegliarsi dal suo sonno. Riemergendo dai ricordi distolse con fatica lo sguardo e fissò attraverso lo specchietto retrovisore il suo bambino, rispondendo risoluto: < E' ora di tornare a casa Mariulin, la mamma ci starà aspettando>.
Il bambino non osò replicare al padre che intanto aveva acceso il motore e ingranato la prima pronto ad andarsene. Lungo il tragittò Mario fissò Franco, con lo sguardo perso nel vuoto, asciugarsi rapidamente una lacrima con il dorso della mano destra. Chissà chi era quella bambina, chissà quale segreto nascosto possedeva suo padre senza che lui lo sapesse. Chissà chi era stata colei che aveva fatto piangere suo padre in quel tragitto di ritorno. Mario non fece parola mai a nessuno di quel pomeriggio di fine estate. Nè a sua sorella Anita nè a sua madre. Ma per sempre si ricordò lo sguardo del padre fisso nel vuoto. Lui, che sembrava un uomo inscalfibile e privo di emozioni era in realtà fragile come le conchiglie bucate che Mariulin aveva raccolto poco prima al mare.
Solo dopo tanti anni si scoprì che quella bambina che giocava nel cortile felice era sua sorella Grazia.
[tratto da una storia vera]
Federica D'Isita
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